Le polizze sono contratti normati dal codice civile (artt. 1882 – 193) e dal Codice delle Assicurazioni Private (Dlgs 209/2005), l’attività di chi opera nel settore assicurativo è regolamentata dalle normative IVASS, oltre che dal codice civile e dal codice delle assicurazioni.
L’assicurazione è il contratto col quale l’assicuratore, verso il pagamento di un corrispettivo, detto premio, si obbliga a rivalere l’assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da un sinistro, ovvero a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana (art. 1882 c.c.).
Se le polizze sono contratti con cui due parti – contraente e assicuratore – concordano a quali condizioni trasferire (il contraente) e assumersi (l’assicuratore) un determinato rischio, quali effetti collaterali può avere, sulla percezione del cliente e anche dell’intermediario, continuare a proporle come se fossero prodotti, arrivando addirittura ad usare la leva dello sconto sul premio come principale leva di marketing? Proviamo a rifletterci insieme.
Polizza = Prodotto -> Intermediario = Venditore
Se io intermediario percepisco la polizza che propongo come un prodotto, ne deriva che difficilmente riuscirò a farmi percepire dai miei clienti come un consulente, visto che io per primo mi sento e agisco come un venditore.
A maggior ragione il cliente faticherà a percepirmi come consulente, se continuo a promuovere le assicurazioni facendo leva sullo sconto sul premio come principale motivazione all’acquisto.
Anche acquistare una polizza e vendere una polizza sono frasi molto frequenti nel linguaggio degli intermediari. Frasi che non fanno che radicare l’equazione polizza=prodotto e intermediario=venditore, sia nella mente degli intermediari che in quella dei clienti.
La diretta conseguenza di ciò è che se la polizza è un prodotto, allora nella mente del cliente si fa strada anche l’equazione che premio=prezzo da pagare per avere quel prodotto e quindi la percezione che il premio sia un costo, non certo l’investimento necessario a garantirsi sicurezza economica nel tempo.
Proporre le polizze come prodotti quanto ci porta ad esaltarne i vantaggi e a minimizzarne i limiti?
Quando entriamo in un negozio sappiamo bene che il commesso di turno punterà a motivarci all’acquisto del prodotto a cui siamo interessati facendo leva soprattutto sulle caratteristiche che pensa siano importanti per noi; al tempo stesso siamo consapevoli che cercherà di minimizzare eventuali limiti/difetti/carenze del suo prodotto e che, con buona probabilità, lo farà anche quando gli faremo domande dirette.
Quando siamo noi a proporre una polizza che consideriamo un prodotto, quanto ci comportiamo come un commesso che deve portare il cliente ad acquistare e quanto come un consulente che deve aiutare il cliente a trovare una soluzione valida ad un suo problema?
Se trattiamo la polizza come un prodotto, quanto riusciamo ad essere trasparenti con il cliente rispetto ai limiti della polizza, se temiamo che possano ridurre la sua propensione all’acquisto in maniera rilevante?
Ma cosa accade, alla nostra credibilità e al rapporto di fiducia con il cliente, al momento del sinistro, ossia proprio nel momento in cui dobbiamo dimostrare al cliente che ha fatto bene a fidarsi di noi, “acquistando” quella polizza di cui ha compreso ben poco, se abbiamo glissato su esclusioni, franchigie e scoperti e proprio questi elementi diventano un punto critico per la definizione dell’indennizzo?
Quante volte vi è già capitato che, solo al momento del sinistro, il cliente si sia reso conto che la polizza che aveva “acquistato” pensando che avrebbe coperto tutti gli aspetti di un determinato rischio, in realtà su alcuni aspetti lo copre solo in parte o non lo copre affatto? Cosa è accaduto a quel punto della fiducia e della stima professionale che il cliente aveva in voi?
Trattare le polizze come contratti trasforma i limiti in punti di forza e ci conferisce potere contrattuale
Adesso proviamo ad immaginarci mentre parliamo di una polizza come si parla di un contratto tra le parti, in cui ogni parte ha la possibilità di definire i termini dell’accordo.
Nel nostro caso la compagnia definisce quali rischi accollarsi e in che termini farlo e il cliente, preso atto della volontà della compagnia, dichiarata nelle condizioni di polizza, definisce la parte di rischio da trasferire, in funzione della sua esposizione al rischio, delle sue priorità, della parte di rischio che è disponibile ad accollarsi, tenendo conto anche della sua disponibilità economica.
Sentiamo ancora il bisogno di minimizzare esclusioni, scoperti e franchigie o sentiamo piuttosto il bisogno di essere chiari e trasparenti e di far comprendere al nostro cliente l’importanza e il valore di ogni garanzia e come può utilizzare franchigie e scoperti a suo vantaggio, se il suo obiettivo è tutelarsi soprattutto per i rischi importanti?
Se noi, per primi, pensiamo alle polizze come a contratti di trasferimento del rischio, ecco che anche la percezione che abbiamo di noi stessi cambia e ci è più facile sentirci ed agire da professionisti in grado di guidare il cliente verso una scelta consapevole ed essere percepiti da lui come consulenti e partner a cui affidarsi, anziché come venditori di cui diffidare.
Rendere consapevole il cliente del valore di ogni garanzia, sposta la sua attenzione dal premio, fin qui percepito come elemento determinante e che conferisce valore alla polizza (nella mente del cliente vale l’equazione meno costa, più vale), al valore della polizza, inteso come valore delle garanzie inserite in polizza, e permette a noi di non dover più usare lo sconto come elemento determinante, poiché possiamo tornare a definire il premio sulla base di inclusioni, esclusioni, scoperti e franchigie e responsabilizzare il cliente nella definizione delle condizioni a cui trasferire il rischio.
Le polizze sono contratti normati dal codice civile, norme a cui devono sottostare sia contraenti che assicuratori
Conoscere la parte di codice civile che norma i contratti privati e quella che norma le assicurazioni ci agevola nel rendere chiaro al cliente quali sono i termini del contratto (polizza) con cui avviene il trasferimento del rischio da un soggetto ad un altri e, in particolare, quali sono gli obblighi del contraente al momento della stipula e al momento del sinistro.
In base all’art. 1321 del codice civile, il contratto è un accordo tra due o più parti, stipulato per costituire, regolare od estinguere un rapporto giuridico patrimoniale.
Da questa definizione si coglie, fin da subito, l’essenza del contratto definito come accordo volto a produrre un effetto giuridico, frutto della autonomia contrattuale dei privati ed espressione della libertà dei singoli nella gestione dei propri interessi materiali, come definito dall’art. 1322 c.c.
Gli elementi che definiscono il contratto
L’accordo è uno degli elementi essenziali del contratto (art. 1325 c.c.), insieme alla causa, all’oggetto e alla forma (quando richiesta ad substantiam).
Accordo
Il codice civile ci dice che il contratto è valido, nel senso che non è nullo o annullabile, se, nel definire l’accordo tra le parti, si è prestata particolare attenzione alla condotta tenuta durante la trattativa, alle informazione scambiate tra le parti, alle modalità in cui è stato dato il consenso negoziale.
In base all’art. 1337 c.c., infatti, nella definizione di un contratto, le parti devono tenere una condotta rispettosa del principio di buona fede.
Il principio di buona fede è un preciso dovere giuridico che sorge in capo alle parti, per il solo fatto di aver intrapreso una condotta negoziativa volta a concludere un contratto.
In caso di violazione del principio di buona fede, le parti possono incorrere in un particolare tipo di responsabilità: responsabilità precontrattuale o c.d. culpa in contrahendo.
Tra le condotte che violano il principio di buona fede citiamo:
- la mancata informazione sulle cause di invalidità del contratto di cui la controparte non può essere a conoscenza con l’ordinaria diligenza;
- un’influenza illecita sulla determinazione negoziale del contratto, attraverso l’inganno o la minaccia (in questi casi si ha vizio della volontà e quindi il contratto è annullabile);
- l’induzione della controparte alla stipulazione di un contratto pregiudizievole.
Quanto alle informazioni scambiate tra le parti, il codice pone una particolare tutela qualora vi sia un vizio nella formazione della volontà contrattuale e cioè quando vi siano degli elementi perturbatori che abbiano indotto il soggetto a porre in essere un contratto che, altrimenti, non avrebbe mai concluso.
I vizi della volontà cui la legge attribuisce rilevanza sono:
- l’errore,
- il dolo
- la violenza.
L’errore consiste in una falsa conoscenza della realtà e può incidere sulla formazione della volontà (c.d. errore-vizio, in cui la valutazione delle circostanze ed i presupposti del negozio sono mal eseguite ed accertate). Quando l’errore è essenziale e assume un rilievo apprezzabile rispetto allo scopo del contratto, il contratto è annullabile.
Il dolo consiste nell’intenzione di uno dei contraenti di ingannare la controparte attraverso raggiri. Il dolo costituisce un vero e proprio vizio del consenso e comporta l’annullabilità del contratto.
In caso di violenza, ci interessa qui la cosiddetta violenza psichica, ossia la pressione psicologica esercitata sul contraente per portarlo a concludere il contratto.
Causa
Con il termine causa si intende lo scopo concreto che le parti vogliono raggiungere con la sottoscrizione del contratto (ad esempio nel più diffuso contratto di compravendita la causa si identifica nello scambio).
La causa del contratto deve essere lecita, quindi non contraria a norme imperative e al buon costume. Questo perché l’ordinamento giuridico non tutela l’autonomia dei privati se viene utilizzata a scopi contrari alla legge o in frode ad essa.
Oggetto
L’oggetto del contratto è identificabile con il contenuto regolamentare del contratto, ossia l’insieme delle disposizioni che disciplinano il rapporto tra i contraenti.
L’oggetto deve essere:
- possibile, quindi materialmente suscettibile di esecuzione;
- lecito, quindi non contrario a norme imperative;
- determinato o comunque determinabile.
Forma
La forma (scritta) si configura come elemento essenziale quando è richiesta dalla legge ad substantiam, ossia quando, ai fini della validità del contratto, è espressamente richiesto che il contratto sia redatto in forma scritta.
Quando la forma scritta ad substantiam non è prevista dalla legge, il negozio è valido anche se i termini dell’accordo non sono stati definiti per iscritto.
Conclusioni
Per i nostri scopi è particolarmente rilevante quanto definito nell’elemento del contratto denominato accordo, poiché definisce le cause di annullabilità del contratto riconducibili alla condotta tenuta, alle informazioni scambiate e al consenso negoziale e ci richiama al dovere giuridico sancito dall’art. 1337 c.c. del principio di buona fede, la cui violazione fa incorrere le parti nella violazione della responsabilità precontrattuale o c.d. culpa in contrahendo.
Da tutto questo emerge che continuare a trattare le polizze come prodotti, anziché come contratti, quali sono, ci espone ogni giorno al rischio di violare un discreto numero di norme, portandoci non solo a danneggiare l’interesse del cliente, ma anche il nostro stesso interesse e rendendo assai più complesso e difficile il nostro lavoro e rendendoci meno credibili e degni di fiducia come professionisti.