Senza un’adeguata percezione del rischio è difficile che le persone sentano il bisogno di assicurarsi. Per loro assicurarsi è meno importante di un viaggio, di una cena in pizzeria, di uno smartphone e anche del tentare la sorte con il gratta e vinci.
Noi assicuratori cosa possiamo fare, di diverso dall’indignarci, ogni volta che ci accorgiamo di quanto sia irresponsabile l’Italiano medio quando si parla di proteggersi dai rischi, soprattutto da quelli più gravi?
Possiamo renderlo più consapevole, educandolo alla corretta percezione dei rischi che corre ogni giorno, portandolo ad immaginarsi come sarebbe la sua vita se quei rischi si trasformassero in danni e lui non avesse nessun tipo di paracadute e come sarebbe, invece, se quel paracadute lo avesse e potesse aprirlo per attutire l’impatto della caduta.
Lo so bene, la prima reazione, quando leggiamo che gli Italiani non hanno soldi per assicurarsi e spendono 1.700 euro all’anno nel gioco, è quella di indignarci!
Il punto è che, con la nostra indignazione, non cambiamo la scala di priorità degli altri. Solo aiutando le persone a prendere piena consapevolezza dei rischi che corrono e delle conseguenze connesse ad ogni rischio possiamo riuscire a cambiare la loro scala di priorità. Solo creando cultura assicurativa possiamo far nascere l’esigenza di assicurarsi per proteggersi, almeno dai rischi più gravi. Non c’è un altro modo!
Chi non ha soldi da investire nelle assicurazioni e investe 1.700 euro all’anno o più nel gioco, probabilmente è davvero una persona che ritiene di avere meno soldi di quelli che gli servirebbero per vivere e ricorre al gioco con la speranza di ottenere qualche entrata extra. Certamente ha anche poca dimestichezza con la percezione del rischio e con la statistica, altrimenti saprebbe che investire nel gioco è un investimento a perdere.
Lo dicono i numeri del Libro Blu dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli: nel 2017, a fronte di una raccolta pari a 101,753 miliardi di euro ne sono stati erogati in vincite soltanto 82,762 miliardi, con una perdita secca di 313 euro a persona.
Il punto è che qualcuno vince e vince tanto e sfidare la sorte è stimolante, è una sfida con se stessi che fa scorrere adrenalina e che, alla fine, è considerata solo un gioco. Peccato, proprio perché manca la reale percezione del rischio, a partire dal rischio connesso al gioco, le persone non si rendono conto che giocare con regolarità può portare alla dipendenza e all’indigenza.
Compito dell’assicuratore è educare le persone alla corretta percezione del rischio
Tornando a noi, cosa possiamo fare davanti a persone che dicono di non avere soldi per assicurarsi e ci dimostrano, coi fatti, di averne a sufficienza per acquistare altri beni e servizi? Mi riferisco ad acquisti che, in una corretta pianificazione finanziaria, dovrebbero venire dopo, molto dopo, essersi preoccupati di proteggere il proprio reddito e il proprio patrimonio.
Ciò che possiamo e dobbiamo fare è educare alla corretta percezione del rischio, soprattutto quello biometrico (morte prematura, invalidità da grave da infortunio o malattia, longevità e perdita di autosufficienza), facendo riflettere le persone sulle conseguenze, dirette e indirette, legate ad ogni singolo rischio.
Dobbiamo smetterla di parlare dei nostri prodotti e di quanti problemi siamo ingrado di risolvere con essi.
Se io non so di avere un problema, cosa può importarmi se tu hai una soluzione per quel problema?
Tu assicuratore mi devi aiutare a capire perché devo assicurarmi
Tu assicuratore devi aiutare me, padre di famiglia, professionista, imprenditore, persona a capire che ho un problema e che quel problema si chiama rischio di indigenza o comunque di difficoltà economiche se mi ammalo gravemente, se ho un infortunio grave, se causo un danno grave a qualcuno con il mio lavoro, se muoio troppo giovane e lascio persone che non sono in grado di provvedere a se stesse, se vivo più a lungo dei miei risparmi e la pensione che ho non mi basta per vivere, soprattutto se non sono più in grado di badare a me stesso.
Tu assicuratore devi farmi domande! Devi chiedermi cosa è importante per me, che vita conduco, che obiettivi ho e che timori ho. Devi chiedermi come immagino la mia vita futura e come proteggo quella attuale. Devi comprendere le mie priorità e devi aiutarmi a rivederle, se farlo mi aiuta a raggiungere meglio i miei obiettivi.
Lo so che a me sembra già di spendere tanto per assicurare l’auto e che sono sempre lì a chiederti lo sconto! Ma tu ci hai provato davvero a farmi comprendere a quali rischi potrei andare incontro se non pagassi ogni anno quella tassa o ti sei limitato a farmi il prezzo più basso? Non è l’indennizzo per il paraurti ammaccato o la portiera rigata la mia vera tutela. Non è nemmeno riavere l’auto come nuova se qualcuno mi viene addosso e me la distrugge, se nessuno si fa male. È importante, certo, ma non è nenache quella la mia vera tutela. La mia vera tutela è non mettere a rischio il mio intero patrimonio, presente e futuro, se faccio un incidente grave e qualcuno perde la vita, magari più di uno. E magari ho anche bevuto e tu sei stato così bravo da mettermi il diritto alla non rivalsa per guida in stato di ebrezza, senza neanche dirmi che esiste.
Se non mi aiuti a capire perché devo assicurarmi, perché dovrei assicurarmi con te?
Se non hai fatto in modo che io comprenda tutto questo, io continuero a pensare che la polizza auto è una tassa che pago per far riparare la macchina “a gratis” a qualcuno che ho urtato uscendo dal parcheggio. Se è solo questo il vantaggio che percepisco, continuerò a pensare che quello che mi chiedi è troppo e continuerò a protestare ogni volta che troverò un aumento. Poiché il valore che percepisco è poco, ogni anno ti chiederò lo sconto e minaccerò di cambiare agenzia se non mi asseconderai.
Se non mi hai reso consapevole di cosa vuol dire relamente guidare un’auto senza assicurazione o con un’assicurazione inadeguata e mi hai fidelizzato solo con lo sconto, come puoi aspettarti che io ti ascolti quando mi parli di assicurazione sulla casa, di polizza infortuni, di temporanea caso morte, di previdenza complementare e di long term care, io che non ho neppure la percezione di quanti rischi corro quando guido?
In altre parole, se la percezione del rischio è bassa, anche il bisogno di assicurarsi sarà basso. Nessuno si attiva per risolvere un problema che non sa di avere e noi non possiamo convincere nessuno di avere un problema. Però possiamo fare domande che aiutino il nostro interlocutore a pensare a se stesso e alla sua vita, aiutandolo a valutare possibilità che non ha mai valutato.
Le domande che dovresti farmi per aiutarmi ad avere una percezione del rischio più adeguata
Come sarebbe per te se… uscissi di casa adesso e non potessi più tornarci… perché perdi la vita, perché scoppia un incendio al piano di sotto, perché un terremoto la distrugge…
Cosa potrebbe esserti di aiuto se una di queste cose ti accadesse davvero oggi? Come ti sentiresti se tu potessi averla adesso? Cosa ti impedisce di averla? E cosa puoi fare per averla?
Cos’altro ti sarebbe utile? Puoi averlo? Se non puoi averlo, cosa te lo impedisce? Puoi farne a meno? Con quali conseguenze? Cosa è meglio per te tra sopportare le conseguenze del non avere ciò che ti serve e fare qualcosa per poter avere ciò che ti serve? Cosa potresti fare?
Come sarebbe per te se… e come vorresti che fosse?Cosa puoi fare perché sia diverso da come è e sia più simile a come vorresti che fosse?
Hai mai pensato a… Vogliamo provare a capire insieme se può essere una soluzione valida per te?
Sono solo alcuni esempi di domande che portano a riflettere su ciò che significherebbe per noi un determinato evento e fino a che punto siamo in grado di farci carico delle conseguenze che comporta.
Non è detto che prendere coscienza di un rischio porti a scegliere di assicurarsi per quel rischio, si può sempre scegliere di gestirlo in proprio anziché delegarlo ad una compagnia di assicurazioni, ma almeno sarà una scelta consapevole.
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Che dire Lucia,
obbiettivo centrato,
la sfida raccolta
A noi spetta il compito di informare i ns prospect
Grazie per l’ennesimo post interessante che ci hai fornito
buon lavoro
Buongiorno Alberto e grazie per l’apprezzamento!
Vorrei sottolineare che informare può non essere sufficiente, dobbiamo aiutare a diventare più consapevoli.
La differenza può sembrare minima eppure è sostanziale e sta nel fare domande che facciano riflettere sulla propria situazione anziché nel prospettare noi scenari in cui l’interlocutore potrebbe non riconoscersi e è che quindi non modificherebbero di una virgola la sua percezione del rischio e quindi il suo bisogno di maggior sicurezza.
Ancora grazie e buon lavoro anche a te!
Luisa
Ottimi spunti. Ogni tanto ci focalizziamo sulle cose sbagliate (il prezzo prima di tutto), senza considerare che se il cliente ci sceglie solo per il prezzo abbiamo sbagliato in partenza e quello non sarà un cliente fidelizzato. Ogni tanto bisogna uscire dal mantra “devo fare la polizza” e pensare a fare ragionare il cliente, renderlo cosciente dei rischi che può correre ed informarlo sulle possibilità che ci sono per porvi rimedio. Senza l’assillo di dovere vendere subito
Proprio così, Fabio, bisogna saper uscire dalla logica del “devo fare la polizza” e saper entrare in quella del “come posso aiutare questa persona a valutare in modo corretto i suoi rischi e a proteggersi al meglio?”.
Come sempre stimolante ed efficacie… Brava LUISA!
CONDIVIDO AL 100%
Grazie Marco!
Commenti e post sempre molto interessanti e soprattutto pratici
Grazie Alessandro!