La previdenza complementare (o previdenza integrativa) è una forma di risparmio individuale, che ha lo scopo di integrare la previdenza di base obbligatoria per garantire un livello adeguato di tutela pensionistica, a cui lo Stato riconosce agevolazioni fiscali, di cui altre forme di risparmio non beneficiano, e che valgono anche nel caso di versamenti effettuati a favore di familiari fiscalmente a carico.
Già da questa prima definizione appare chiaro che, quando parliamo di previdenza integrativa, parliamo di strumenti finanziari e assicurativi, i cosiddetti fondi pensione, a cui si aderisce in modo volontario e che dobbiamo scegliere tenendo presente che hanno rendimenti e costi che variano al variare della tipologia di fondo e dell’andamento del mercato.
Poiché hanno come obiettivo principale la costruzione del secondo pilastro (il primo pilastro è costituito dalla previdenza obbligatoria) devono sottostare alle norme che regolamentano la previdenza complementare ed essere autorizzati da COVIP(COmmissione di VIgilanza sui fondi Pensione).
Fondi pensione: che caratteristiche hanno e chi può aderire
L’adesione ai fondi pensione è normata dall’art. 2 del D.Lgs. n. 252/2005, secondo il quale possono aderire ad un piano di previdenza integrativa:
- lavoratori dipendenti, privati e pubblici;
- soci lavoratori e i lavoratori dipendenti di società cooperative di produzione e lavoro;
- lavoratori autonomi e i liberi professionisti;
- persone che svolgono lavori non retribuiti in relazione a responsabilità familiari;
- lavoratori con un’altra tipologia di contratto (ad es. un lavoratore a progetto o occasionale).
anche se non tutti possono aderire a qualunque tipo di fondo pensione.
Il D.Lgs. n. 252/2005 infatti ha istituito più tipologie di previdenza integrativa, con caratteristiche e modalità di accesso diverse:
- fondi pensione negoziali o chiusi – forme pensionistiche complementari istituite dai rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro nell’ambito della contrattazione nazionale, di settore o aziendale e destinate a specifiche categorie di lavoratori;
- fondi aperti – forme pensionistiche complementari istituite da banche, imprese di assicurazioni, società di gestione del risparmio (SGR) e società di intermediazione mobiliare (SIM),
- piani pensionistici individuali (PIP) – contratti di assicurazione sulla vita con finalità previdenziale, disciplinati da regole che non dipendono solo dalla polizza assicurativa ma anche da un regolamento basato sulle direttive della COVIP, in modo da garantire all’utente gli stessi diritti e prerogative delle altre forme pensionistiche complementari.
Oltre a questi, ha riconosciuto i fondi pensione preesistenti, ossia quelli istituiti prima del D.Lgs 21 aprile 1993, n. 124 che ha istituito la previdenza complementare; questi fondi hanno caratteristiche proprie che li distinguono quelli istituiti successivamente e ai quali si può aderire in base ad accordi o contratti aziendali o interaziendali.
Previdenza complementare: prestazioni e vincoli
Per quanto riguarda le prestazioni, la previdenza complementare segue norme analoghe a quelle che regolamentano il TFR. In particolare dobbiamo distinguere tra prestazioni al raggiungimento dell’età pensionabile (prestazioni pensionistiche) e prestazioni che possiamo ottenere durante il periodo di contribuzione (prestazioni anticipate).
Prestazioni pensionistiche – Al raggiungimento dei requisiti per la pensione obbligatoria e a condizione che la posizione previdenziale sia aperta da almeno cinque anni (portati a 3 dalle ultime normative), è possibile:
- trasformare la propria posizione individuale interamente in rendita, ricevendo così la pensione complementare per tutta la vita;
- ottenere fino a un massimo del 50% del capitale accumulato in un’unica soluzione e il restante in rendita;
- liquidare l’intera posizione in un’unica soluzione, se il tuo montante accumulato è esiguo o se sei un vecchio iscritto, cioè se hai aderito prima del 29 aprile 1993 a un fondo pensione già istituito alla data del 15 novembre 1992.
Al momento del pensionamento è possibile optare, in caso di decesso, per l’erogazione della rendita (rendita reversibile) o del capitale residuo a un beneficiario designato.
Prestazioni anticipate – Chi è iscritto alla previdenza complementare da più di 8 anni può chiedere un anticipo sul capitale accumulato:
- fino al 75% per l’acquisto o la ristrutturazione della prima casa (per sé o per i propri figli),
- fino al 30% per ulteriori esigenze, anche non documentate.
Inoltre, in qualsiasi momento, è possibile chiedere fino al 75% del capitale accumulato per far fronte a spese sanitarie, conseguenti a gravissime condizioni (anche del coniuge o dei figli). Le richieste di anticipazione possono essere reiterate, anche con riferimento alla medesima causale, fino al raggiungimento del limite massimo erogabile.
L’intera posizione individuale può essere riscattata in caso di invalidità permanente o inoccupazione superiore ai 48 mesi, dimissioni o licenziamento. In caso di inoccupazione da almeno 12 mesi o di ricorso a mobilità, cassa integrazione guadagni, ordinaria o straordinaria da parte del datore di lavoro è possibile richiedere il riscatto del 50% della posizione.
I vantaggi fiscali della previdenza complementare
Aderendo alla previdenza complementare è possibile beneficiare di una tassazione agevolata rispetto a:
- contributi versati – sono deducibili fino a 5.164,57 euro all’anno; nei contributi deducibili rientrano anche l’eventuale contributo del datore di lavoro e i versamenti a favore dei soggetti fiscalmente a carico, per l’importo da questi non dedotto, nonché i contributi versati per reintegrare eventuali anticipazioni già ottenute; dalla deduzione è escluso il TFR in quanto non rientra nel reddito imponibile.
- interessi maturati – sono tassati fino a un massimo del 20% (rispetto al 26% che si
applica alla maggior parte delle forme di risparmio finanziario); qualora il fondo pensione investa in titoli di Stato e altri titoli equiparati i rendimenti sono tassati con un’aliquota agevolata del 12,50%; - rendita percepita – la parte di rendita che deriva dai versamenti effettuati e portati in deduzione durante il periodo di contribuzione e quella derivante dalle quote di TFR versato sono assoggettate ad una ritenuta del 15%; se la partecipazione al sistema di previdenza complementare supera i 15 anni l’aliquota diminuisce dello 0,30% per ogni anno di successiva partecipazione, fino ad arrivare al 9% quando l’anzianità di contribuzione arriva a 35 anni;
- anticipazioni: – le anticipazioni per spese sanitarie sono tassate con un’aliquota che varia tra il 15% e il 9%, in base al numero di anni di partecipazione alla previdenza complementare. A tutte le altre tipologie di
anticipazione viene applicata, invece, l’aliquota ordinaria del 23%; - riscatti: i riscatti della posizione individuale a seguito di cessazione dell’attività lavorativa sono tassati con l’aliquota del 23%, mentre a quelli per inoccupazione di durata non inferiore a 12 mesi, mobilità, cassa integrazione guadagni ordinaria/straordinaria e invalidità, si applica un’aliquota agevolata che varia tra il 15% e il 9%, in base al numero di anni di partecipazione alla previdenza complementare.
Nel valutare i vantaggi della tassazione dei rendimenti è utile sapere che alla rivalutazione del TFR lasciato in azienda, si applica l’imposta sostitutiva del 17% e sulle somme liquidate si applica la tassazione separata in base
all’aliquota media Irpef a cui è soggetto il lavoratore, mentre sulle somme di TFR erogate in busta paga si applica la
tassazione in base all’aliquota ordinaria.
Inoltre, in caso di morte prima della maturazione del diritto alla prestazione pensionistica, l’intera posizione individuale maturata è riscattata dai beneficiari designati dall’aderente.
Da sottolineare infine che le prestazioni pensionistiche complementari sono sottoposte agli stessi limiti di cedibilità, sequestrabilità e pignorabilità in vigore per le pensioni a carico degli istituti di previdenza obbligatoria.
Previdenza integrativa: come aderire e come contribuire
Cominciamo col dire che l’adesione alla previdenza complementare è libera e volontaria e che il lavoratore dipendente, entro sei mesi dall’assunzione, può decidere di:
- destinare le quote di TFR ancora da maturare ad una forma pensionistica complementare;
- lasciare il TFR presso il datore di lavoro;
- non decidere nulla (*);
- destinare il TFR futuro alla previdenza complementare anche in un secondo momento.
(*) Il datore di lavoro trasferisce il TFR maturando alla forma pensionistica collettiva prevista dagli accordi o contratti collettivi, oppure, in assenza di forme pensionistiche integrative collettive di riferimento, alla forma pensionistica complementare istituita appositamente presso l’INPS (FONDINPS).
L’adesione collettiva ad un fondo negoziale o ad un fondo aperto è normata dai contratti collettivi o dagli accordi aziendali. Al dipendente che aderisce in forma collettiva ad un fondo pensione il datore di lavoro verserà:
- il TFR futuro, ossia quello maturato dal momento dell’adesione,
- il contributo volontario (nella misura stabilita dall’accordo collettivo o dal regolamento aziendale o anche superiore),
- il contributo del datore di lavoro (nella misura stabilita dall’accordo collettivo o dal regolamento aziendale o anche superiore).
Il datore di lavoro non è tenuto a versare il proprio contributo quando:
- il dipendente conferisce al fondo pensione soltanto il TFR,
- l’adesione al fondo pensione è fatta a livello individuale (unica forma possibile per i PIP).
I criteri per scegliere un piano di previdenza integrativa
Per scegliere un piano di previdenza complementare dobbiamo tener presente che il risultato finale, ossia la pensione integrativa a cui avremo diritto, dipenderà da quanto saremo riusciti ad accantonare e che questo è strettamente legato:
- all’importo complessivamente versato alla forma di previdenza complementare scelta (ricordiamo che l’importo versato si compone di contributo volontario, contributo del datore di lavoro, TFR e che pertanto è opportuno valutare con attenzione, laddove possibile, la possibilità di avvalersi del contributo del datore di lavoro),
- alla durata del periodo di contribuzione (prima avremo aperto la nostra posizione di previdenza complementare, più contributi avremo versato e più questi avranno avuto tempo di maturare interessi),
- ai costi previsti dal piano di previdenza integrativa che abbiamo scelto,
- ai rendimenti (al netto della tassazione) ottenuti con l’investimento sui mercati finanziari di quanto abbiamo versato (al netto dei costi).
Per dare la possibilità di scegliere come investire i propri contributi sui mercati finanziari, in modo da ottimizzare il rendimento della propria posizione previdenziale, i fondi pensione offrono all’aderente una o più linee di investimento (o comparti). Ciascuna linea è caratterizzata da una combinazione di strumenti finanziari che tiene conto dell’orizzonte temporale dell’investimento e della propensione al rischio dell’aderente.
Pertanto, prima di scegliere la tipologia di fondo pensione e la relativa linea di investimento è importante:
- conoscere quanti anni mancano per ottenere la pensione di base,
- acquisire almeno una stima della futura pensione di base,
- avere consapevolezza della propria capacità di risparmio,
- conoscere il livello di rischio che si è disposti a sostenere,
- conoscere e valutare i costi collegati ad ogni tipologia di fondo e alla relativa linea d’investimento.
Per valutare la forma di previdenza integrativa e la linea d’investimento più adeguate alle proprie esigenze può essere utile confrontare l’indicatore sintetico dei costi (ISC) di ogni soluzione presente sul mercato, valutando anche la possibilità di aderire a comparti diversi, in funzione del ciclo di vita della posizione individuale rispetto all’età pensionabile con l’obiettivo di massimizzare i rendimenti nei primi anni di vita della posizione, per poi consolidarli nella parte finale.
Sempre nell’ottica di ottimizzare la propria posizione individuale, ossia l’importo che determinerà la pensione integrativa a cui avremo diritto, è bene sapere che né la scelta del fondo pensione né quella della linea di investimento sono definitive.
Dopo due anni dalla sottoscrizione, oppure in ogni momento se vengono meno i requisiti di partecipazione al fondo, è possibile trasferire la propria posizione individuale ad un altra fondo pensione, possibilmente facendo attenzione a non perdere il diritto al contributo del datore di lavoro, se lo abbiamo acquisito. La linea di investimento invece è modificabile secondo le regole di ogni fondo.
Ovviamente, prima di qualunque variazione, è opportuno fare una comparazione dei costi.
Articolo veramente interessante, chiaro ed esplicativo.
Sono nel mondo assicurativo da circa due anni e piano piano mi sto occupando di welfare e previdenza.
Non facile ma sicuramente di impatto.
Grazie Martina,
siamo pienamente convinti che le assicurazioni siano dei validi strumenti di welfare e siano particolarmente indicati come strumenti di welfare aziendale. Ne siamo così convinti che abbiamo dedicato un’intera giornata a come costruire welfare aziendale e come proporlo alle imprese all’interno del nostro percorso formativo Essere assicuratore al tempo dei social.
Ciao Luisa,
Come sempre puntuale e inattaccabile.. Detto ciò e data la forma giuridica di questi strumenti sicuramente interessante, rimango e da anni convinto che lo Stato se davvero voleva l’esplosione delle forme di previdenza che fanno parte del cosiddetto Terzo Pilastro avrebbe potuto spingersi fino all’azzeramento del ristorno fiscale alla liquidazione del Piano. Sulla base degli anni di partecipazione avrebbe potuto concepire una forbice ben più ampia di ristorno alla scadenza.. Fatto così rimane uno strumento (parlando di PIP) ad appannaggio di quella categoria di persone più interessate al lato fiscale che a quello previdenziale; le stesse persone che hanno disponibilità importanti utili a sfruttare meramente lo strumento..
Non sono ne un economista tantomeno un giurista ma penso che se la tassazione a scadenza, ad esempio, avesse avuto una forbice del 20%-0% anziché del 15%-9% avrebbe attirato aderenti in Età acerba invece che mezzi come me o del tutto vecchi pronti a far man bassa dello sconto mascherato da piano previdenziale individuale.
Ciaoo
Grazie Umberto per le tue considerazioni. Personalmente non ho evidenza che il problema del mancato decollo della previdenza complementare sia imputabile alla tassazione al momento della liquidazione. Le maggiori resistenze che ho incontrato hanno riguardato soprattutto l’idea di avere un capitale immobilizzato per molti anni, salvo che per le motivazioni previste. Altre resistenze hanno riguardato il piano di sviluppo e quindi il montante ipoteticamente disponibile al termine della scadenza e l’importo della rendita a fronte dell’investimento fatto.